Idrologia: i percorsi segreti delle acque apuane

LE SORGENTI CARSICHE DELLE ALPI APUANE

Leonardo Piccini

1. INTRODUZIONE

Di fronte da una grande sorgente carsica, sorge spontanea una domanda: da dove viene tutta quest’acqua? E’ una domanda che si pone il semplice curioso di passaggio, come lo studioso d’acque sotterranee. Per gli speleologi è quasi un’ossessione. A ben guardare, gran parte dell’attività speleologica è dedicata soprattutto a rispondere a questo genere di domande.

La risposta va cercata nelle pieghe più nascoste delle montagne. E’ fatta di battute sul terreno, alla ricerca di nuove grotte, e della loro esplorazione, sino a raggiungere i collettori sotterranei: i “fiumi della notte” come qualcuno poeticamente li chiama.

Raramente capita di poter percorrere la strada che le acque di pioggia, infiltrandosi, seguono sino a riemergere in una sorgente carsica. Più spesso, per quanto lunga e difficile possa essere, la strada è sbarrata da laghi sotterranei, i sifoni, oltre i quali le grotte proseguono sommerse. Qualcuno s’immerge in questi laghi e riesce a spingersi oltre i confini interni dell’atmosfera. Allo stesso modo si può tentare di risalire il flusso delle acque immergendosi nei sifoni da cui sgorgano le acque, in superficie o all’interno di grotte che funzionano da sorgenti.

Dove l’esplorazione diretta non è possibile si usano allora mezzi d’indagine indiretta: prove con traccianti o monitoraggi di dati chimico-fisici, da cui si possono ricavare informazioni sulla struttura dei sistemi carsici.

Da questo punto di vista le Alpi Apuane rappresentano un caso emblematico. Poche altre aree carsiche, in Italia, ma forse nel mondo, hanno visto uno sforzo così intenso e prolungato da parte degli speleologi, teso a conoscere le vie che le acque percorrono nel sottosuolo.

Questa nota è dedicata soprattutto al contributo dato dagli speleologi alle conoscenze dell’idrografia sotterranea delle aree carsiche, un contributo importante ma spesso poco riconosciuto.

La sorgente delle Fontanacce, presso Ponte Stazzemese, durante una colorazione (foto Genovesi)

2. IDROGEOLOGIA

L’assetto idrogeologico delle Alpi Apuane è fortemente condizionato dalla natura carbonatica delle rocce affioranti. Queste presentano, infatti, caratteristiche idrogeologiche particolari, dovute allo sviluppo di fenomeni carsici superficiali e sotterranei che determinano l’esistenza di una rete sotterranea di condotti che smaltiscono le acque d’infiltrazione convogliandole rapidamente verso le sorgenti. La più importante conseguenza è che il ruscellamento superficiale è praticamente assente, se non in occasione di piogge particolarmente intense. Oltre a ciò, gli spartiacque superficiali non hanno in pratica alcun effetto sulla circolazione delle acque sotterranee, in altre parole l’idrografia sotterranea è svincolata da quella superficiale.

2.1 Assetto idrogeologico generale

Le formazioni carbonatiche presenti sulle Apuane possono essere distinte in due classi di permeabilità: alla prima classe appartengono le rocce altamente carsificate, calcari (marmi) e dolomie; nella seconda classe troviamo rocce meno carsificabili, o per la presenza di letti silicei (calcari selcifero s.l.) o di interstrati filladici o marnosi (calcescisti, calcari marnosi, ecc.); tuttavia l’elevato grado di fratturazione e la presenza di cavità di dissoluzione, fanno sì che anche queste rocce siano in genere discretamente permeabili. Tutte le altre formazioni, sia delle unità metamorfiche sia non metamorfiche, hanno, rispetto alle formazioni carbonatiche, una permeabilità sempre inferiore e pertanto rappresentano una barriera per le acque circolanti negli acquiferi carbonatici.

Il complesso acquifero principale, caratterizzato da una permeabilità elevata dovuta alla fratturazione e ai fenomeni carsici, è quello costituito dalla serie carbonatica formata da Marmi, Marmi Dolomitici, Grez­zoni e, localmente, dai Calcari Selciferi. Tale complesso è delimitato, in basso, dalle rocce impermeabili del basamento ed, in alto, da rocce a permeabilità medio-bassa o bassa, calcescisti e diaspri soprattutto. I Calcari Selciferi ad Entrochi, quando di spessore non trascurabile, costituiscono anch’essi un acquifero importante, a circolazione carsica, talvolta in comunicazione con il complesso sottostante, laddove i Diaspri hanno spessore ridotto in seguito a fenomeni tettonici.

La sorgente del Fontanaccio (foto Martellini)

Tralasciando le formazioni carbonatiche presenti nell’unità di Massa, che costituiscono acquiferi di importanza secondaria e con carsismo poco sviluppato, l’altro importante complesso idrogeologico a circolazione carsica è quello che comprende la serie carbonatica giurassica della Falda Toscana, compresa tra le brecce poligeniche di base e le Marne a Posidonia. Tale serie, costituita da Calcare del Retico, Calcare Massiccio, Calcare ad Angulati e Calcare Selcifero inferiore, ha una permeabilità superficiale confrontabile con quella della corrispettiva serie metamorfica; la maggiore fratturazione è però causa di una circolazione più dispersa e quindi di un minore sviluppo dei condotti carsici. Un altro importante complesso acquifero della successione non metamorfica è quello costituito dalla Maiolica, delimitato in basso dalle Marne a Posidonia o, quando presenti, dai Diaspri.

Scambi idrici tra i due complessi acquiferi carbonatici principali, quello metamorfico e quello della Falda Toscana, sono possibili laddove tra essi s’interpongono solo le brecce poligeniche.

Negli acquiferi della successione metamorfica, moto e direzione della circolazione profonda sono, a grande scala, condizionati dalla quota delle sorgenti; solo in poche situazioni la circolazione è controllata dalla geometria di un substrato impermeabile. Nella Garfagnana il livello di base carsico si trova a quote maggiori di 500 m, mentre nel versante marino scende fra 200 e 300 metri. Questa differenza di quota è la causa del prevalente deflusso di sottosuolo da NE a SW e quindi della cattura, da parte dei bacini versiliesi, di acqua dai bacini contigui del versante garfagnino. L’esempio più noto di tale situazione è quello del Frigido, il cui bacino idrogeologico, si estende per oltre il 40 % al di là degli spartiacque superficiali.

Negli acquiferi della Falda Toscana, invece, il substrato impermeabile, costituito dalle formazioni metamorfiche, quando situato a quote superiori a quelle del livello di base, guida il flusso sotterraneo. Un caso particolare è quello della Maiolica, dove le sorgenti si dispongono al contatto con le formazioni impermeabili sottostanti (Diaspri e/o Marne a Posidonia).

Nella maggior parte degli acquiferi carsici, dunque, sotto ad una certa quota il flusso avviene in condotti sommersi: siamo in quella che è detta zona satura, dove l’acqua si muove secondo direttrici prevalentemente orizzontali. In queste condizioni, la direzione reale di flusso non è facilmente prevedibile, in dettaglio, anche conoscendo i punti di recapito delle acque d’infiltrazione.

Nelle Alpi Apuane, la maggior parte delle grotte ha andamento prevalentemente verticale, con le tipiche caratteristiche degli abissi di alta montagna. Le grotte più profonde si spingono sino alla quota della zona satura, che oscilla prevalentemente fra i 550 e i 300 m.

Molte delle principali cavità, sono state oggetto di prove con traccianti, con lo scopo d’individuare i punti di emergenza delle acque circolanti e di calcolare le velocità di flusso sotterra­neo. I risultati di queste portano a pensare che la circolazione delle acque, una volta che queste raggiungono la zona satura, avvenga lungo una rete di condotti carsici di discrete dimensioni e sviluppati prevalentemente lungo l’interfaccia con la zona areata.

Il lago di Vagli in secca e i ruderi dell’abitato di Fabbriche di Careggine (foto Fallani)

2.2. Sorgenti carsiche

Le sorgenti carsiche delle Apuane sono numerose e bordano perimetralmente il massiccio, concentrandosi, per numero e portata, sul lato SW, quello rivolto verso il mare. La maggiore sorgente è quella di Forno, più nota come sorgente del Frigido, la cui portata media è di circa 1,6 m3/s. Sul versante opposto si trova invece l’altra importante sorgente, quella della Pollaccia, la cui portata è di circa 0,9 m3/s. Almeno un’altra decina di sorgenti carsiche hanno portate comprese fra 400 e 100 l/s e numerose altre hanno portate superiori ai 10 l/s. La portata media globale di tutte le sorgenti carsiche insieme è di circa 6 m3/s.

Tabella 4 – Principali sorgenti carsiche delle Alpi Apuane (il numero progressivo si riferisce alla figura xx)

Nome

Comune

Quota

(m s.l.m.)

Portata media

(l/s)

Uso

C = captata

L = libera

1 – Sorgenti di Equi (fredde)

Fivizzano

260

450

L

2 – Sorgenti del Lucido

Fivizzano

260

230

L

3 – Tecchia di Tenerano

Fivizzano

490

20

C

4 – Carbonera

Carrara

255

80

C

5 – Gorgoglio

Carrara

170

40

C

6 – Tana dei Tufi

Carrara

160

75

C

7 – Sorgenti di Torano

Carrara

180

95

C

8 – Sorgenti di Canalie

Carrara

195

228

C

9 – Polle della Martana

Carrara

200

90

C

10 – Sorgente del Cartaro

Massa

205

400

C

11 – Sorgente di Forno

Massa

235

1550

L

12 – Sorgenti di Renara

Massa

295

200

L

13 – Polla di Altagnana

Massa

305

60

L

14 – Sorgenti di Porta

Montignoso

10

70

C

15 – Polla dell’Altissimo

Seravezza

585

60

C

16 – Polla del Giardino

Seravezza

400

30

L

17 – Pollaccia

Stazzema

545

800

L

18 – Le Fontanacce

Stazzema

176

120

L

19 – Botronchio

Stazzema

800

50

L

20 – Mulini di S.Anna

Pietrasanta

330

50

C

21 – Grotta all’Onda

Camaiore

635

70

C

22 – Tecchiarella

Minucciano

950

30

C

23 – Fracassata

Minucciano

775

30

C

24 – Aiarone

Vagli Sotto

575

150

L

25 – Il Fontanaccio

Molazzana

425

30

L

26 – Chiesaccia

Vergemoli

600

100

L

27 – Tana che Urla

Vergemoli

600

30

L

28 – Tinello

Vergemoli

550

20

L

29 – Battiferro

Vergemoli

525

40

L

30 – Polla dei Gangheri

Gallicano

260

400

C

* = portata attuale ridotta a causa degli emungimenti nei pozzi adiacenti.

Trascurando quelle minori, le sorgenti delle Apuane sono raggruppabili, da un punto di vista idrochimico, in 3 categorie principali. La prima, che raccoglie la quasi totalità delle sorgenti alimentate dagli acquiferi carbonatici della serie metamorfica, è caratterizzata da acque con bassa salinità. Le acque di queste sorgenti hanno una conducibili­tà che varia da 180 a 200 µS/cm, con un contenuto in Ca compreso tra 100 e 150 ppm. La seconda comprende invece quelle scaturigini alimentate da acquiferi costi­tuiti in parte o del tutto dalle brecce poligeniche. Queste acque hanno salinità più elevata, con un tenore in solfati talvolta anche rilevante. La più importante è la Sorgente dell’Aiarone, che sgorga nei pressi dell’abitato di Vagli, ed ha una conducibilità che supera i 1500 µS/cm ed un contenuto in Ca di circa 1100 ppm. L’ultimo tipo comprende sorgenti localizzate lungo le faglie principali che bordano le Apuane, caratterizzate da un leggero termalismo (T = 20-25 °C) e da un elevato contenuto in NaCl. Tra queste rientrano la sorgente di Equi Terme, utilizzata per usi terapeutici, e le sorgenti calde di Torrite.

3. IDROGRAFIA ED IDROCHIMICA DELLE SORGENTI CARSICHE MAGGIORI

La complessa orografia, caratterizzata da molte e profonde incisioni vallive, comporta una frammentazione delle strutture carbonatiche in numerosi sistemi idrogeologici, ognuno dei quali presenta uno o più punti d’emergenza. Ciò fa sì che la maggior parte delle sorgenti carsiche abbia portate medie variabili tra qualche decina e qualche centinaio di l/s, mentre solo due, la Sorgente di Forno e la Pollaccia superano i 500 l/s.

3.1. Sorgenti del Bacino del Magra

I bacini rivolti a N e NW, confluiscono nel Torrente Aulella, importante affluente del Magra. Questi bacini, ricchi di acque, traggono la maggior parte dell’alimentazione da sorgenti carsiche di discreta portata, tra cui spiccano quelle presso Equi Terme e quelle del Lucido. Nell’alta valle del Lucido di Equi si trovano altre sorgenti minori, la cui portata complessiva è di qualche decina di l/s.

Sorgenti di Equi

Lungo il canale di Fagli, poco a sud dell’abitato di Equi Terme, sgorgano due sorgenti di notevole portata: la sorgente Barrila e la sorgente della Buca d’Equi. La prima è situata in corrispondenza di una modesta cavità carsica nei Marmi Dolomitici, in prossimità del contatto con i Calcari Selciferi che tamponano verso N l’idrostruttura del Pizzo d’Uccello. La Buca d’Equi (numero di catasto: T/MS 176) è invece percorribile per qualche centinaio di metri ed è attrezzata per visite turistiche.

Le varie bocche della sorgente di Equi durante una piena (foto Roncioni)

Le due sorgenti sono probabilmente alimentate dallo stesso circuito, del quale la Barrila rappresenterebbe uno scolmatore superiore, tant’è che in occasione di prolungata siccità la sua portata si esaurisce.

Le sorgenti calde, sfruttate dallo stabilimento termale di Equi, si trovano invece in sponda sinistra del Torrente Lucido, circa 200 m a monte del paese. Le emergenze principali sono almeno due, di cui una captata dallo stabilimento (sorgente Radium) e una che sgorga dispersa nei pressi dell’alveo del torrente.

Il torrente che sgorga dalla sorgente Barilla, in condizioni di portata media (foto Piccini)

L’area di alimentazione di queste sorgenti di Equi non è nota con precisione ma, quasi sicuramente comprende l’intera vallata del Solco d’Equi, il massiccio del Pizzo d’Uccello, buona parte della dorsale di Nattapiana e l’area a E di Foce di Giovo. Recenti colorazioni effettuate in una grotta che si apre nella conca di Orto di Donna (Abisso Pannè – T/LU 1325) e in grotte della media valle dell’Acqua Bianca (Abisso P. Saragato – T/LU 350 e Buca dell’Aria Ghiaccia – T/LU 1027), hanno dimostrato che queste zone, e verosimilmente buona parte del massiccio del M. Pisanino, rientrano nell’area di alimentazione delle sorgenti di Equi. Così individuata l’area di alimentazione ha una superficie approssimativa di 15 km2, con un percorso lineare massimo di 8 km e un dislivello massimo di quasi 1600 m. Ipotizzando una portata media specifica di 50 l/s km-2, analoga a quella del Frigido, la portata di queste sorgenti dovrebbe aggirarsi dunque sui 750 l/s. E’ quindi probabile che la portata media ipotizzata sia in difetto di un fattore circa pari a 2. Tale difetto può essere dovuto alle poche misure disponibili, relative soprattutto al periodo di magra, al mancato computo delle portate di piena, che sappiamo essere quantitativamente rilevanti nelle sorgenti carsiche di questo tipo, oppure alla presenza di sorgenti occulte lungo l’alveo del Lucido.

Sorgenti del Lucido di Vinca

Lungo il Lucido di Vinca, circa 1,2 km a monte di Ponte di Monzone, si trova una serie di sorgenti che sgorgano, tra quota 260 e quota 280, direttamente nell’alveo del torrente. L’emergenza a quota inferiore si trova sul versante destro idrografico e fuoriesce da una piccola grotta percorribile per pochi metri. La sorgente principale si trova invece sul lato sinistro, pochi metri sotto la strada per Vinca; qualche decina di metri a monte si trova un’altra importante emergenza più altre minori, sempre sul lato sinistro. E’ possibile che esistano altre emergenze alveari occulte, che contribuiscono ad incrementare la portata del torrente nei momenti di magra.

La sorgente del Lucido di Vinca (foto Nassini)

Difficile dire se le emergenze suddette appartengono tutte allo stesso circuito o se, invece, almeno quella di destra dreni un sistema minore situato sotto il versante orientale della vallata.

L’area di alimentazione di questi sorgenti non è conosciuta. Le sorgenti in sinistra potrebbero ricevere acqua dalla zona settentrionale del M. Sagro, iniziando dal Catino sino a tutto il vallone di Canalonga. La sorgente di destra potrebbe, invece, essere alimentata dall’infiltrazione sui versanti destri della bassa valle del Lucido

Assai probabile, anche se non accertata, è la risorgenza delle acque che scorrono nella parte alta della vallata di Vinca e che sono assorbite, circa 1,7 km più a monte, in corrispondenza di perdite lungo l’alveo in prossimità della confluenza con il vallone di Canalonga, laddove il torrente passa dalle rocce impermeabili del basamento alle rocce carbonatiche. In questo caso, apparterebbero all’area d’alimentazione tutti gli affioramenti non carbonatici dell’alta valle di Vinca.

Le uniche due colorazioni eseguite in zona sono state effettuate all’Abisso dello Smilodonte (T/MS 937), ma del colorante immesso non si è trovata traccia in nessuna delle sorgenti monitorate, tra cui quelle di Monzone.

Sorgenti di Tenerano

Allo sbocco dell’incassato vallone del Canale d’Arpa, che scende dal M. Ballerino verso NW confluendo nel T. Bardinello, si trova la nota Tecchia di Tenerano, ampio cavernone di circa 60 m di lunghezza. Poche decine di metri sotto l’ingresso si trova un gruppo di emergenze, che fuoriescono dal detrito. Due le sorgenti principali, di cui la maggiore è captata per l’acquedotto che alimenta il paese di Tenerano.

Le acque della sorgente captata sono le stesse che scorrono all’interno della Grotta di Cobardine (T/MS 1029), al cui interno, il collettore sotterraneo principale percorre il contatto tra formazioni metamorfiche (prevalentemente Scisti Sericitici) e brecce poligeniche (Calcare Cavernoso s.l.).

L’acqua della sorgente principale proviene da un vasto sistema di grotte che si estende al di sotto della Rocca di Tenerano. Tale sistema, noto come Complesso della Rocca di Tenerano (o Sistema Cobardine – Fate), raccoglie le acque della zona compresa tra Torre di Monzone, M. Ballerino e La Rocca di Tenerano. La mancanza di prove di tracciamento non permette una migliore definizione dell’area di ricarica. Caso pressoché unico per le Apuane, l’acquifero che alimenta queste sorgenti è delimitato verso il basso da un substrato impermeabile, costituito dalle formazioni metamorfiche (prevalentemente Scisti Sericitici) su cui poggia il complesso di brecce poligeniche.

3.2. Sorgenti dei bacini costieri

I bacini costieri, da Carrara a Camaiore, sono tutti caratterizzati da sorgenti carsiche di notevole portata, a quote di solito inferiori a 300 m, che catturano, attraverso sistemi carsici, acque dai bacini attigui del versante garfagnino. Solo alcune sorgenti minori, come quelle di Altagnana, di Porta e quelle dei Mulini di Stazzema, sono alimentati da piccoli sistemi locali interamente compresi entro lo spartiacque superficiale principale.

Sorgenti del bacino del Carrione

Gli incassati valloni che costituiscono il bacino del Carrione sono privi di scorrimento; tutte le acque assorbite riemergono in prossimità del fondovalle, a quote variabili tra 170 e 250 m s.l.m.

Le sorgenti maggiori si trovano concentrate in due zone. La prima zona è presso Torano, dove esistono 4 importanti emergenze, di cui 3 captate dall’acquedotto di Carrara. La principale è la sorgente Carbonera, captata dall’acquedotto di Carrara e situata a q. 255 lungo il Fosso di Buccetta. Poco a valle si trova la sorgente Gorgoglio, anch’essa captata; nei pressi esiste un’altra sorgente, captata con una lunga galleria artificiale, nota con il nome di Pizzutello. Poco a valle si trova L’unica sorgente non captata in zona, la Sponda, che sgorga tra alcune case nei pressi della confluenza tra il Fosso di Buccetta e il vallone che scende dal Monte La Faggiola. Captata è anche la sorgente nota come Tana dei Tufi, che proviene da una grotta naturale, il Tanone di Torano (T/MS 179), il cui ingresso si trova pochi metri sopra l’emergenza.

Le altre sorgenti sono situate nell’altro ramo del Carrione, a monte dell’abitato di Miseglia, e sono quasi tutte captate. La sorgente maggiore è nota come Sorgente Ratto (costituita in realtà da due emergenze). Più a monte, nel canale di Fantiscritti, poco prima che questo confluisca nel Carrione, si trovano diverse sorgenti, tutte con portate variabili da qualche l/s sino a circa 20 l/s (sorgente Pero). Poco più a monte, sempre lungo il canale del Carrione di Colonnata, si trovano altre tre sorgenti, la superiore delle quali, probabilmente il troppo pieno del sistema, fuoriesce da una grotta nota come Polla della Martana (T/MS 198) lunga 200 metri.

Tutte le emergenze traggono alimentazione dal vasto bacino marmifero del Carrione, abbracciando probabilmente anche la conca di Campo Cecina, con l’esclusione della parte alta del vallone di Colonnata, che appartiene invece all’area di ricarica della sorgente del Cartaro. La delimitazione dell’area di alimentazione è basata su considerazioni idro-strutturali, non esistendo prove di colorazioni. Difficile è stabilire un limite idrogeologico tra l’area di alimentazione che compete al gruppo di sorgenti nel vallone di Torano e l’area che compete alle sorgenti del Canale di Colonnata. Per questa ragione si usa considerare l’area del bacino del Carrione come un unico sistema idrogeologico, anche se, a rigore, sarebbe più corretto suddividerla in due sistemi separati.

Sorgente del Cartaro

La Sorgente del Cartaro si trova nel bacino del Fiume Frigido, e sgorga a quota 205 in un canale che scende da destra poco a monte del paese di Canevara. Tale sorgente rappresenta attualmente la principale fonte di approvvigionamento della città di Massa, nonostante i notevoli problemi legati alla presenza di un’intensa attività estrattiva in tutta l’area di alimentazione, che comporta continui rischi d’inquinamento. L’opera di captazione consiste in alcune brevi gallerie artificiali che raccolgono le acque di 2 emergenze principali. Le due sorgenti presentano caratteri idrochimici e regimi diversi, il che farebbe pensare che i circuiti di alimentazione siano diversi.

L’area di ricarica di questa sorgente comprende, oltre alla piccola zona immediatamente sovrastante compresa tra La Rocchetta, Cima Gioia e M. Tamburone, anche l’area di Cima d’Uomo e probabilmente buona parte del settore medio-alto del Canale di Colonnata, a monte del paese di Colonnata. Tale ricostruzione si basa, oltre che su considerazioni idrostrutturali, anche su di una colorazione eseguita nella Buca di Foce Luccica (T/MS 330), che si apre a Cima d’Uomo.

Sorgente di Forno

La sorgente di Forno, più nota come sorgente del Frigido, è la maggiore tra le emergenze carsiche delle Apuane e l’unica ad essere stata monitorata in continuo per un periodo di qualche anno. La sorgente è stata sfruttata per fornire forza motrice ai macchinari dell’ex cotonificio, costruito alla fine del 19° secolo subito a valle dell’emergenza, e successivamente per alimentare una piccola turbina elettrica. Attualmente la sorgente è libera, fatto salvo una captazione parziale ad uso dell’abitato di Forno.

Il torrente Frigido, a lato della vecchia Filanda, poco a valle della sorgente di Forno (foto Roncioni)

L’acqua sgorga da una cavità in roccia, percorribile per una decina di metri solo in condizioni di forte magra, che si apre ad una quota di 235 m, circa 500 m a monte del paese di Forno e 300 m a monte del contatto con i Porfiroidi. Nella cavità, tra i grossi blocchi di una frana in roccia, si hanno più emergenze da piccoli condotti non accessibili aperti nei Grezzoni. La sorgente presenta un troppo pieno, noto come Bucone (T/MS 271), situato circa 500 m a monte lungo il canale principale, da cui, in piena, fuoriesce una spettacolare cascata. Il troppo pieno è percorribile, in secca, per un centinaio di metri, sino ad un sifone la cui quota corrisponde a quella della sorgente.

L’anomalo rendimento della sorgente di Forno nei confronti del suo bacino apparente è stato in passato oggetto di diversi studi condotti soprattutto da Masini e da Piccini e Pranzini. Allo stato attuale, le numerose colorazioni eseguite in grotte appartenenti al bacino idrogeologico di questa sorgente, e a bacini attigui, permettono una buona delimitazione dell’area di ricarica. L’area di alimentazione, individuata anche attraverso la caratterizzazione idrogeologica della struttura geologica, comprende buona parte del settore settentrionale del massiccio delle Alpi Apuane, andando dal M. Grondilice a N, sino al M. Fiocca ad E, abbracciando il M. Tambura, parte della Carcaraia e la Valle d’Arnetola, per una superficie totale di circa 30 km2. Si tratta di un’area in cui ci sono estesi affioramenti di rocce carbonatiche interessati da fenomeni carsici molto sviluppati, sia in superficie sia in profondità, con un potenziale carsico di oltre 1600 m in dislivello.

Numerose sono le colorazioni, dall’esito non sempre attendibile; tra queste si segnalano quelle nelle grotte: Abisso F. Simi (T/LU 643) e la Buca della Pompa (T/LU 317) in Valle d’Arnetola, L’Abisso P. Roversi (T/LU 705), presso la sommità del M. Tambura, e L’Abisso dello Gnomo, a Passo di Sella. Si hanno notizie anche di una colorazione eseguita in una cavità del versante N. del M. Pisanino, il cui risultato positivo alla sorgente di Forno contrasta con i risultati delle colorazioni eseguite recentemente nella Carcaraia, che hanno dato esito positivo alle sorgenti presso Equi.

Polla di Altagnana

Si tratta di una modesta sorgente, appartenente al bacino del Frigido, situata lungo il Fosso delle Madielle, nei pressi del paese di Altagnana. L’emergenza, attualmente sepolta di sotto al riporto della strada Massa – Passo del Vestito, sgorga da una cavità carsica percorribile per pochi metri.

La sorgente di Altagnana in periodo di magra (foto Nassini)

L’area di alimentazione è facilmente delimitabile, essendo circoscritta all’area di affioramento delle formazioni carbonatiche della sinclinale del M. Carchio, cui va sommata l’area di ricarica superficiale in corrispondenza delle rocce impermeabili del basamento che convogliano le acque di ruscellamento verso punti di assorbimento del sistema carsico.

Sorgenti di Renara

Le Sorgenti di Renara sono costituite da una serie di scaturigini distribuite lungo l’omonimo canale e comprese tra quota 290 quota 300. Con ogni probabilità si tratta di più emergenze, sepolte sotto a depositi alluvionali. L’emergenza maggiore rappresenta lo sbocco del torrente che scorre all’interno della vicina Buca del Rocciolo (T/MS 229), i cui due ingressi si aprono sul versante sinistro della valle, ad una quota di 340 m s.l.m. Tale collettore sotterraneo rappresenta la quasi totalità della portata del canale di Renara. Altre sorgenti minori sono comunque presenti nel canale, anche sul lato destro, sepolte sotto al detrito. Nei pressi si apre la Buca di Renara (T/MS 228), che rappresenta un troppopieno della sorgente, al cui interno sono stati percorsi circa 450 m di galleria sommersa sino ad una profondità di 60 m.

L’ingresso della Buca di Renara, il troppopieno della omonima sorgente (foto Nassini)

L’area di alimentazione della sorgente principale, quella che è alimentata dal torrente che scorre nella grotta del Rocciolo, è individuabile nella sinclinale di M. Pelato – M. Altissimo, almeno sino all’altezza del M. Altissimo. Tale provenienza è confortata dai risultati delle colorazioni eseguite nel complesso del M. Pelato. Se si considerano globalmente tutte le emergenze presenti nel Canale di Renara, a questa zona va aggiunta probabilmente l’area del M. Macina e forse parte del settore occidentale del M. Sella.

Polla dell’Altissimo (o Polla del Serra)

La Polla è la sorgente carsica situata a quota più elevata tra tutte quelle che sgorgano nei bacini rivolti verso il mare, e una delle sorgenti più elevate delle Apuane in assoluto. Essa si trova, infatti, a 585 m s.l.m. nel Canale del T. Serra, alla base dei ripidi versanti occidentale del M. Altissimo.

L’emergenza è situata in prossimità del contatto rovescio tra formazioni carbonatiche e basamento.

Recenti esplorazioni hanno permesso di percorrere circa 150 m di condotti sommersi.

L’area di alimentazione va cercata nella porzione più meridionale della sinclinale del M. Altissimo.

La Polla dell’Altissimo semisepolta dal ravaneto delle cave (foto Nassini)

Di difficile posizionamento è lo spartiacque sotterraneo che deve esistere tra l’area di ricarica di questa sorgente e l’area di alimentazione della Sorgente di Renara. Il risultato della colorazione eseguita nell’Abisso dei Fulmini (T/LU – 1009), una profonda cavità del versante settentrionale del M. Altissimo, permette di stabilire che almeno l’area del versante orientale del M. Altissimo, nella zona di Cave Fondone, alimenta questa sorgente. La stessa idrostruttura alimenta probabilmente anche la Polla del Giardino, che si trova nell’omonimo canale, ai piedi del M. Le Cervaiole, ad una quota di 400 m.

Sorgenti del Corchia

Il grande complesso carsico del M. Corchia ha come principale recapito idrogeologico la sorgente detta “Le Fontanacce”, situata poco a monte di Ponte Stazzemese, ad una quota di 176 m. Il complesso costituisce quindi il settore alto del sistema idrogeologico che si sviluppa all’interno della sinclinale del M. Corchia, che ha di dimensioni tutto sommato modeste se rapportato agli altri sistemi visti sinora.

Una delle bocche delle sorgenti del Corchia presso Ponte Stazzemese (foto Nassini)

Contrariamente a quanto succede per gli altri sistemi idrogeologici delle Alpi Apuane, quello del Corchia è facilmente delimitabile poiché interamente circondato da rocce impermeabili del basamento. La particolare geometria della struttura racchiusa tra le rocce del basamento, costituita da una sinclinale con geometria antiforme, rende però possibili delle perdite verso le strutture vicine, in particolare verso la Pollaccia. Alla sorgente arrivano probabilmente anche acque assorbite lungo i canali nel tratto a monte, laddove questi attraversano la struttura carbonatica, provenienti quindi dalle zone superiori su rocce impermeabili. Diverse colorazioni, hanno dimostrato che le acque del collettore di M. Corchia emergono a questa sorgente, e ad altre emergenze minori situate a quote maggiori lungo il versante meridionale del M. Alto.

Sorgenti del Lombricese

Il Bacino del Rio Lombricese ospita diverse sorgenti, le cui aree di alimentazione ricadono in rocce carbonatiche appartenenti alla Falda Toscana, con alla base le formazioni metamorfiche che agiscono da substrato impermeabile. La distribuzione spaziale delle sorgenti è dunque controllata dalla geometria del substrato e dalla orografia.

In quota, l’unica sorgente degna di nota è quella che sgorga, con due scaturigini ravvicinate, poco sotto Grotta all’Onda, a quota 640 m, in corrispondenza del contatto tra brecce poligeniche e scisti sericitici metamorfici. A livello della pianura di Camaiore si trovano invece la Sorgente di Teneri e la Polla dei Frati, le cui acque sgorgano al contatto tra calcari e depositi fluvio-lacustri.

Non si hanno indicazioni precise sull’area d’alimentazione di queste sorgenti. La sorgente di Grotta all’Onda prende sicuramente acqua dall’area del M. Matanna, comprendendone probabilmente anche parte del versante orientale. La sorgente di Teneri riceve le acque dal versante meridionale del M. Gabberi. La Polla dei Frati, invece, potrebbe prendere acqua principalmente dal M. Prana e forse anche da perdite lungo il Rio Lombricese. La situazione è comunque complessa, poiché la struttura geologica rende possibile il drenaggio di parte dell’area del M. Prana verso la sorgente di Stiava e, al limite, anche verso la valle del T. Freddana.

Esistono poi sicuramente delle sorgenti sepolte sotto i depositi della conca fluvio-lacustre, le cui aree d’alimentazione ricadono ancora all’interno del bacino di Camaiore.

3.3. Sorgenti del bacino del Serchio

Nel versante apuano del bacino del Serchio le sorgenti carsiche sono in numero minore, rispetto al versante marino, e presentano in genere portate minori.

Iniziando da Nord, nel bacino del Serchio di Gramolazzo solo due sorgenti hanno portate superiore a 20 l/s, si tratta della sorgente Tecchiarella e della sorgente Fracassata, entrambe nel comune di Minucciano. Scendendo verso Sud, via via che la quota media del fondovalle dei bacini tributari del Serchio diminuisce, si trovano sorgenti carsiche in numero maggiore e di portata più consistente.

Sorgenti di Vagli

Sotto le scure acque del bacino idroelettrico di Vagli si trovano alcune sorgenti alimentate dagli acquiferi carbonatici circostanti. Le maggiori tra queste sono la sorgente dell’Aiarone e la sorgente di Pruni. La prima si trova sul lato destro del lago, poco a S del paese di Vagli Sotto, ed è costituita da una serie di polle, disperse nel raggio di qualche decina di metri, che sgorgano direttamente dal detrito. L’altra sorgente si trova invece sul lato sinistro, presso la confluenza tra i due rami del lago. Si ha notizia di altre emergenze minori, che alimentavano i mulini e i magli delle Fabbriche di Vagli, paese oggi sommerso dalle acque del lago.

La sorgente dell’Aiarone trae probabilmente la sua alimentazione dalla zona mediobassa del Fosso Naccava, e forse dalla parte basale dei ripidi versanti settentrionali del M. Sumbra. Una colorazione eseguita nell’Abisso dei Draghi Volanti (T/LU 680), diede esito positivo in questa sorgente, oltre che nella sorgente della Pollaccia, ma le particolari condizioni di piena, cui fu sottoposta la grotta nei giorni successivi alla immissione del colorante, pone in dubbio l’attendibilità di tale risultato, per lo meno per quanto riguarda la circolazione in regime normale. La sorgente di Pruni deve invece essere alimentata principalmente dagli affioramenti carbonatici posti a N dell’emergenza, a S di M. di Roggio.

La polla dell’Airone in periodo di magra (foto Nassini)

Pollaccia

La Pollaccia è la seconda sorgente per portata delle Alpi Apuane. Situata lungo la valle della Turrite Secca, a quota 540 m, rappresenta la principale fonte di alimentazione del bacino idroelettrico di Isola Santa, situato poco a valle. L’acqua esce da una cavità carsica sommersa, percorsa di recente sino ad oltre 100 m di profondità per uno sviluppo complessivo di oltre 300 m. In occasione di lunghi periodi privi di precipitazioni l’acqua non arriva a tracimare dalla bocca principale, mettendo in evidenza l’esistenza di emergenze minori lungo l’alveo della Turrite, poco a valle, che solitamente passano inosservate. Nei pressi, si trova un’altra sorgente degna di menzione, il Fontanaccio, ben visibile dalla strada che collega Isola Santa ad Arni e che sgorga sul versante destro della Turrite, circa 200 a monte della Pollaccia e circa 60 m sopra l’alveo.

L’area d’alimentazione della Pollaccia non è di facile delimitazione poiché comprende zone appartenenti a strutture geologiche diverse. Le colorazioni eseguite in zona permettono di attribuire a questa sorgente buona parte del massiccio del M. Sumbra, il M. dei Ronchi, e buona parte dei versanti settentrionali della Pania della Croce. Con buona probabilità a queste aree va aggiunto il M. Freddone e la parte alta del Canale delle Verghe. Difficile è stabilire uno spartiacque tra l’area d’alimentazione di questa sorgente e la vicina sorgente del Fontanaccio, la cui portata media si aggira sui 30 l/s, che prende probabilmente acqua dal M. Rovaio e da parte della Pania Secca.

La sorgente della Pollaccia in piena (foto Roncioni)

Sorgenti di Fornovolasco

Nella valle della Turrite di Gallicano, a monte del paese di Fornovolasco, si trovano diverse sorgenti carsiche. La maggiore è quella della Chiesaccia, situata a quota 600 m lungo il Canale di Petrosciana, il cui nome deriva dai ruderi dell’oratorio di S. Maria Maddalena, ormai quasi del tutto diroccato. Circa alla stessa quota, ma più a valle e una trentina più in alto dell’alveo, si trova una sorgente di dimensioni minori alimentata dal torrente che scorre nella sovrastante Tana che Urla (T/LU – 26), una delle più note grotte delle Apuane. La Tana che Urla è famosa per essere descritta da Vallisneri, nella sua celebre “Lezione accademica intorno all’origine delle Fontane” (1715), che conosceva bene questi luoghi essendo nativo di Trassilico. La grotta, dopo un percorso aereo di 300 m, presenta un tratto sommerso esplorato per 270 m che si sposta verso Sud sin quasi sotto al Fosso del Termine. Nelle vicinanze di Fornovolasco si trova la nota sorgente del Tinello, anch’essa alimentata dal torrente che percorre una grotta in buona parte sommersa, esplorata recentemente per circa 500 m. Lungo il Canal Battiferro, a quota 525 m, si trova invece la sorgente omonima, che sgorga direttamente nell’alveo dal detrito. Nei pressi si trovano altre sorgenti minori, in buona parte captate per l’acquedotto che alimenta il paese.

La sorgente della Chiesaccia ai piedi del monte Forato (foto Nassini)

Considerate globalmente, l’area d’alimentazione di queste sorgenti è piuttosto ampia comprendendo probabilmente i ripidi versanti meridionali delle Panie, tutta l’area del M. Forato e del M. Croce, relativamente agli affioramenti della successione carbonatica toscana inferiore, cioè sotto alle Marne a Posidonia. Benché non sia possibile stabilire dei limiti precisi è probabile che la sorgente della Chiesaccia abbia la sua principale fonte d’alimentazione nel massiccio del M. Forato e del M. Croce. La Tana che Urla riceve acqua dai versanti sovrastanti e, in occasione di violenti temporali, probabilmente anche da perdite in alveo lungo il Fosso del Termine. Il Tinello, l’unica sorgente di cui si dispone di dati relativi a un tracciamento eseguito nell’Abisso Garfagnana (T/LU 1415), è alimentata dalla sovrastante massa carbonatica della Pania della Croce, relativamente ai suoi pendii meridionali e forse alle zone sommitali. La sorgente Battiferro è invece probabilmente alimentata dall’infiltrazione e dalle perdite alveari che si verificano nel bacino valle a monte di essa e sulle pendici settentrionali del M. Croce.

Il torrente interno della Tana che Urla (foto Taddei)

Polla dei Gangheri

La Polla dei Gangheri si trova lungo la Turrite di Gallicano, ad una quota di 260 m. Attualmente la sorgente è captata dalla vicina diga idroelettrica del Trombacco. L’emergenza, chiusa da una costruzione in muratura, è costituita da una cavità carsica allagata in cui i sub sono immersi per alcuni metri. Nei pressi si trovano altre venute d’acqua, probabili perdite dei condotti che alimentano la bocca principale.

Poco o nulla si sa sulla reale estensione dell’area di ricarica di questa cospicua sorgente. Con buona probabilità essa comprende gli affioramenti carbonatici del versante orientale della Pania Secca e i vari affioramenti della zona di Vergemoli. Probabile è anche l’alimentazione da parte di perdite alveari localizzate lungo il Canal Fogliaio e il Canale Levigliese.

Battiferro (foto Taddei)

Sorgenti del bacino della Turrite Cava

Il bacino della Turrite cava non comprende affioramenti di rocce metamorfiche, essendo costituito interamente da rocce appartenenti alla Falda Toscana. Tra questi sono particolarmente rilevanti, per estensione, quelli carbonatici del complesso inferiore e, soprattutto, gli affioramenti di Maiolica.

Le caratteristiche litostrutturali di queste rocce (elevata fratturazione) non permettono però l’instaurarsi di sistemi carsici di ampie dimensioni, per questo le sorgenti carsiche presenti, pur numerose, sono tutte di modeste dimensioni. La maggior parte delle sorgenti, tra cui diverse sgorgano da cavità carsiche, hanno portate ordinarie di qualche l/s; la maggiore sembra essere quella che è stata sommersa dal lago artificiale, che alimentava il Molino Bianchini, cui fa cenno il Masini (1956) citando una misura di portata di 31 l/s, eseguita dalla Commissione Fiorentina nel 1902.

Il Tinello (foto Nassini)

4. CONCLUSIONI

Le Alpi Apuane, montagne all’apparenza aride e brulle, sono in realtà molto ricche d’acqua. Questa scorre però prevalentemente nel sottosuolo, attraverso sistemi carsici sotterranei ampi e ben sviluppati, per venire a giorno solo in corrispondenza delle numerose e copiose sorgenti che seguono il perimetro delle strutture carbonatiche.

L’assetto strutturale fa sì che le acque d’infiltrazione siano quasi integralmente restituite allo scorrimento superficiale, prima che gli alvei si perdano nella pianura costiera o nelle alluvioni del bacino del Serchio. I travasi occulti tra acquiferi in roccia e acquiferi pedemontani sono quindi irrisori, fatta eccezione, forse, per la zona di Camaiore.

Com’è possibile dedurre dai dati riportati in questa nota, gran parte delle sorgenti, e in particolare le maggiori, presentano indici di variabilità molto accentuati. Per la sorgente di Forno, ad esempio il rapporto tra portate minime e portate di piena, senza contare le fuoriuscite dal troppopieno, è di 1/20. Valori analoghi, o anche inferiori, si ottengono per la Pollaccia e per molte altre delle maggiori sorgenti, come ad esempio quelle del Corchia. Ciò è indice di un elevato sviluppo dei circuiti carsici sotterranei, con condotti ben sviluppati in rocce poco fratturate, che comporta coefficienti di esaurimento piuttosto elevati ed una modesta capacità regolatrice degli acquiferi.

Non tutte le sorgenti presentano però tali caratteristiche. Le emergenze del bacino del Carrione, ad esempio, mostrano portate più regolari, con rapporti tra minime e massime solitamente comprese tra 1/3 e 1/6. Ciò è forse dovuto alla presenza di un ostacolo alla circolazione rappresentato dai calcari Selciferi al nucleo della sinclinale posta a Est delle sorgenti, che funge come una sorta di barriera nei confronti delle acque assorbite a monte di questa.
Portate più regolari hanno anche le sorgenti alimentate dagli acquiferi carbonatici della Falda Toscana, ove la maggior fratturazione consente l’accumulo di acqua anche a livello dei blocchi di roccia non carsificati. Caratteristiche di questo tipo hanno le sorgenti del bacino di Camaiore e quelle delle Apuane meridionali in generale.

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